L’Unico e in No-Vax

 In IL SETACCIO

Sto leggendo i testi dei filosofi e maestri Zen della scuola di Kyoto, come Nishida Kitarō e il suo allievo, Nishitani Keiji. Leggo quando vado a dormire e le loro parole mi tolgono il sonno. E allora finisco per prendere appunti fino alle tre. Poi spengo la luce, chiudo gli occhi, mi concentro sul respiro e lascio andare. Mi risveglio con quel libro sul comodino, e tutto si riaccende. Nulla mi fa sentire viva come cercare di capire le cose, fare associazioni, provare a vederci chiaro. E mai come in questo periodo credo sia necessaria la lucidità. La mente dei più è spenta. La gente ha paura anche solo di esprimere un’opinione, osa pensare ma non pone domande. Il rischio è di essere stigmatizzati, messi all’angolo, perdere un’amicizia, il marito, la moglie, il lavoro.

Tempo fa scrissi per Pangea l’articolo Vincere la morte. Il Covid impone la nuova sfida, sacrificare tutto per allungare la vita. Cercai di spiegarmi e di spiegare che cosa stesse succedendo in questo folle periodo pandemico:

“Ma ora tutto mi è chiaro: se si accetta, apprezza e ringrazia la scienza che oggi ci permette di arrivare tranquillamente a 80 anni, bisogna capire e accettare che in questo caso è necessario fermare un Paese, anzi, il mondo intero, per salvare anche soltanto un novantacinquenne. Fare di tutto, a qualunque costo, per entrare in una nuova Era, quella dell’uomo che non solo vuole ritardare la morte, ma la vuole sconfiggere, vuole averne il controllo assoluto. L’uomo che si sostituisce a Dio, alle leggi della Natura, definitivamente. La vera battaglia è affermare la vittoria della scienza che non può permettersi contraccolpi, arrivare a un punto in cui si potrà dire ‘la scienza non ha fallito’. È vero, siamo in guerra, ma la guerra non è contro il virus, è la guerra della scienza contro la Natura. Non avevo capito niente”.

Dopo l’annuncio del super green pass, di una terza e magari pure di una quarta dose di vaccino, del ritorno delle zone rosse, della mascherina all’aperto, le persone non sanno più dove sbattere la testa. Il nostro cervello ha bisogno di certezze, di sentirsi al sicuro per non impazzire, ma in questo periodo stiamo perdendo tutti la ragione. E allora serve la lucidità di quei pochi, come Massimo Cacciari, che hanno il coraggio di dire che l’unico modo per uscire da questa follia, arrivati a questo punto, è convivere con il virus, andare oltre, ma molti, ovviamente, hanno iniziato a definirli ‘rincoglioniti’, un po’ come avvenne con la Fallaci quando scrisse La rabbia e l’orgoglio: ‘avrà un cancro al cervello, è rincitrullita’, e via dicendo. Perché quando si esce dal seminato, la prima cosa importante che il potere mette in atto è l’eliminazione dell’‘opinione privata’.

Che cosa sta avvenendo durante questa dannata pandemia? In cosa si sta trasformando veramente? In una lotta contro la ragione e allo stesso tempo contro Dio. In ballo non c’è la salute dei cittadini, non solo, c’è in ballo il futuro dei governi, le basi di una nuova umanità, e no, non c’entra nulla il complottismo o il Nuovo ordine mondiale.

Già Nietzsche ce lo disse chiaro: “Che cosa, domandiamocelo col massimo rigore, ha veramente trionfato sul Dio cristiano? La risposta sta nella mia «Gaia scienza», «La stessa moralità cristiana, il concetto di veridicità preso con sempre maggior rigore, la sottigliezza da padri confessori della coscienza cristiana, tradotta e sublimata nella coscienza scientifica, nella pulizia intellettuale a qualsiasi prezzo»”. Come scrive Nishitani Keiji in Dialettica del nichilismo, la fase del leone nel deserto di Nietzsche implica “un’accettazione meccanicistica del mondo e un rifiuto a sottomettersi alla necessità del destino”.

Dalla prospettiva della venerazione si deve passare a quella del ricercatore. Comprendere, attraverso la scienza, tutti i fenomeni, mondo interiore ed esteriore, solo così è possibile rapportarsi a se stessi e superarsi. E ci vuole rigore e disciplina, mettere da parte ogni sentimentalismo, perché la visione religiosa della natura (cristiana), della storia e dell’esperienza umana è diventata fuori moda. Rappresenta qualcosa che ha fatto il suo tempo, che ha il suono della menzogna. Come scriveva Nietzsche: “Nella scienza le convinzioni non hanno alcun diritto di cittadinanza”. Niente è più necessario della verità, tutto il resto viene in secondo piano. Cosa accade però, quando coloro che cercano di essere “scientifici” diventano dipendenti da una incondizionata volontà di verità che vogliono perseguire fino in fondo? Che non si esce vivi dalle ombre della metafisica e della fede e della sua morale. Non si supera il concetto Dio, si prende qualcos’altro e lo si mette al suo posto, quello che stiamo facendo noi oggi con la scienza. Scrive Nishitani:

“Anche dopo la morte di Dio e della morale cristiana come obiettivo polemico, la posizione dello spirito scientifico, del positivismo, dell’antimetafisica o dell’ateismo rimane fondata nella morale e dipende sempre dalla volontà di verità”.

Pur vivendo in un’epoca materialistica scevra di spiritualità e di Dio, non siamo stati capaci di andare oltre e siamo rimasti imbrigliati in un nichilismo mascherato. E allora la lotta tra no vax e pro vax diviene chiara. Lo vediamo anche tra le fazioni politiche: la destra liberale e la sinistra democratica pro vax non hanno mai abbandonato Dio e non lo faranno, ma desiderano che la scienza ci vada a braccetto. La destra più estrema, invece, coglie l’intenzione della sostituzione di Dio con la scienza e la trova inaccettabile, così come molti no vax spirituali o profondamente credenti, che infatti durante molte manifestazioni hanno sfoggiato rosari, preghiere e mantra orientali. Il comunista veramente ateo, sotto questa prospettiva, sembra condividere la visione dell’estrema destra ma per motivi opposti. Il comunista ateo chiede il superamento di Dio e della scienza come Dio, ma non per superare pure il nichilismo, piuttosto per sfociare nel liberalismo sociale, per privare l’uomo non solo di Dio e della scienza ma anche della proprietà privata.

La Chiesa di oggi, in tutto questo, sta un po’ di qua e un po’ di là, perché il cristianesimo, come il socialismo, sono fondati sul declino e l’ostilità alla vita. Nietzsche vedeva la creazione del mondo immaginario della religione cristiana come il risultato dell’odio contro l’elemento naturale, frutto di un’insoddisfazione nei confronti del mondo reale. Dio, ci racconta sempre Nishitani, è immaginato come qualcosa di opposto alla natura, così che per la prima volta la parola naturale diventa sinonimo di riprovevole. Quindi va bene la scienza, va bene il suo impegno nel cercare di migliorare le condizioni in questo mondo, l’importante è che non si prenda troppo spazio, che non si sostituisca alla Chiesa, che rimanga al proprio posto, tanto le persone sanno che qui su questa terra tutto è sofferenza e continueranno ad aver bisogno di invocare un mondo nell’aldilà, un mondo migliore. Le restrizioni, i lockdown, la rinuncia al piacere, alla libertà, alla vita, sono perfettamente in linea con una visione cristiana di amputazione del piacere. Mettono tutti d’accordo. Essere sani è controproducente, serve dolore, debolezza, serve propendere per la negatività della vita.

Rimangono coloro che dubitano, che criticano, che pongono domande, rimangono gli agnostici, capaci di accettare i no vax, i pro vax e chi più ne ha più ne metta, perché in grado di cogliere il cambio di paradigma della società, una lotta tra chi vuole salvare il Dio immanente, chi vorrebbe metterci la scienza e chi non vorrebbe né Dio né la scienza, coloro che hanno davvero intrapreso il viaggio nel deserto del nichilismo, che è solo per i coraggiosi. Non è solo una questione di virus, di vaccini, di pass e no pass, non lo è mai stata. Da qui non si tornerà indietro, nulla sarà più come prima.

Scrive sempre Nishitani: “Nietzsche spesso parlava della necessità del coraggio nel portare avanti i pensieri e le loro conseguenze. Una nota dei frammenti postumi dice: «Preferiamo l’avventura, e andiamo per mare. (…) Mio compito, dimostrare che le conseguenze della scienza sono pericolose. È finita con ‘buono’ e ‘cattivo’ (…)» Prima l’abbiamo sentito parlare della coscienza scientifica contemporanea come un «abisso». In tutta la scienza moderna e le idee scientifiche non c’è traccia del discorso sulla coscienza scientifica, egli dice che ciò significa che la voce di coloro che sono “scientifici” non sta venendo sufficientemente «fuori dalle profondità». Si stanno inconsciamente evitando le conseguenze scientifico-esistenziali della scienza, e la scienza è perciò diventata un «mezzo di autostordimento». Manca il coraggio di assumere onestamente su se stessi il pericolo di tali conseguenze».

Per superare tale impasse, dice sempre Nietzsche, si ha bisogno del coraggio di vivere pericolosamente, oltre la morale del bene e del male. E risuona chiaro quello che stiamo vivendo sulla nostra pelle ormai da due anni a questa parte. La lotta si svilupperà tra chi sarà capace di accettare il pericolo di vivere, i rischi, l’esistenza del bene e del male, la morte, ma si troverà a combattere contro uno Stato dispotico che con tutte le forze sceglierà per noi il giusto modo di esistere, in un mondo sempre più asettico, freddo, medicalizzato. Parlo da vaccinata, fiduciosa nella scienza, è questo il bello, ma parlo anche da persona non accecata dal terrore e della paura di vivere e di morire. Perché una vita senza pericoli non è più vita. Nietzsche scrive, in maniera quasi profetica: “Ma noi, noialtri assetati di ragione, vogliamo guardare negli occhi le nostre esperienze di vita così severamente come se fossero un esperimento scientifico, ora per ora giorno per giorno! Vogliamo essere noi stessi i nostri esperimenti e le nostre cavie”.

Per vivere bisogna elevarsi in altezza, estendersi verso la terra e il cielo, andare in tutte le direzioni, nelle profondità del bene e del male. Accettare tutto, il cielo e il sottosuolo, l’interno e l’esterno, gli abissi e l’universo sopra di noi. E allora, in questa nuova prospettiva, l’Io torna a essere tutto, il solo mondo a nostra disposizione. L’egoismo assume una parvenza di salvezza e non di distruzione. Si sarà sempre servi se si cederà all’idealismo, al fanatismo, a tutti gli ismi, che siano religiosi, politici, morali o sanitari.

A questo punto l’egoismo del no vax, quello che fa di lui ‘l’egoista vergognoso che pensa solo a sé’, potrebbe apparire non più come tale ma come ricerca di libertà sopra lo Stato, sopra ogni cosa, quasi una visione anarchica. In termini stirneriani, è legittimo chiedersi “cosa fanno con la loro causacoloro per la causa dei quali noi dobbiamo lavorare, sacrificarci ed entusiasmarci”? Non a caso molti no vax e no pass stanno seriamente pensando di creare villaggi autogestiti lontani dalla società civile.

In questa folle situazione priva di logica, sembra che l’unica cosa che sia rimasta in nostro possesso sia l’opinione, ma se davvero uno Stato vuole il controllo, non è sufficiente che abolisca la volontà personale, la proprietà privata: è fondamentale che azzeri anche “l’opinione privata”. Questa è la cosa più pericolosa di tutte, quella che si sta sottovalutando. Accettare che non sia possibile dissentire, protestare, esprimere un’opinione non allineata con il pensare e il sentire dei più, perché il rischio è l’allontanamento, la separazione, la perdita di tutto. La naturale conseguenza è la rinuncia del no vax alla società, la rinuncia alla comunità, all’umanità stessa. Non resta che la solitudine, ma non in senso negativo, solitudine come possesso di sé. Scrive Nishitani parlando anche di Max Stirner: “Il liberalismo umanitario esige che noi abbandoniamo il “benessere-ismo”, critichiamo tutte le cose egoistiche e “inumane” e raggiungiamo la “coscienza di sé” come “uomo”. Ma questo svela che si può togliere lo Stato, Dio, la scienza, la proprietà privata, l’opinione, tutto, ma quello che resta è l’individualità propria, anche se si cerca di fare dell’umanità il tutto e del singolo un niente.

È questa forse, la vera chiave di lettura della diatriba tra no vax e pro vax. Non si temono i non vaccinati, le persone contrarie a questo vaccino, si teme la loro individualità, il coraggio di chi, come scrive Stirner nel suo L’unico e la sua proprietà scende all’infimo gradino della straccioneria e della miseria, “per arrivare all’individualità propria, giacché bisogna spogliarsi di tutto ciò che è ci è estraneo”. Nishitani spiega che l’egoista, infatti, è il nemico mortale di ogni liberalismo, come anche del cristianesimo: per gli esseri umani, egli è inumano; per Dio è un diavolo. Sebbene ripudiato da ogni forma di liberalismo, l’egoista l’attraversa una dopo l’altra, eliminando in se stesso tutti i fantasmi e le idées fixes. In conclusione, con la svolta dell’assoluta destituzione dell’io, l’egoista per la prima volta può veramente dire «io sono».

L’egoista elude ogni possibilità di controllo. L’egoista è libero, è L’Unico, ecco perché spaventa i governi. La severità, la mancanza di logica nella gestione di questa pandemia, è forse il frutto di democrazie deboli che hanno paura di perdere la sorveglianza su un popolo che era già allo stremo. Se tutti diventassero degli Unici, degli egoisti, dei difensori delle proprie libertà, non ci sarebbe più Stato, non ci sarebbe più Legge, sarebbe la fondazione dell’anarchia. Che sia giusto o sbagliato, che sia un futuro da auspicarci o no, non sta a me dirlo.

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