Tom Barman, leader dei dEUS. La mia intervista

 In IL SETACCIO

Devo ammetterlo, avevo l’ansia, ero emozionata all’idea di sentire al telefono un cantante che adoro, che ho visto almeno sei volte dal vivo, che stimo, che mi piace (e che è pure un gran figo). Ma l’agitazione è scomparsa appena mi ha risposto e mi ha chiesto: “Hey, how are you?”. Tom Barman è un tipo alla mano, simpatico, un burlone, ma che quando c’è da parlare di cose serie cambia voce, e la sua voce si fa ancora più profonda di quello che già non è. Una voce roca, bassa, che graffia, che tocca, anche al telefono, ma soprattutto nelle sue canzoni.

I dEUS non hanno mai avuto, purtroppo, il successo che meritavano. Lo stesso Tom, durante l’intervista, lo ammette: “Abbiamo scritto belle canzoni, che non hanno avuto l’attenzione che meritavano”. Ed è vero. Hanno fatto dei dischi e delle canzoni incredibili, bellissime, ma forse sono troppo “alternative”, “dissonanti”, “ricercate”, per un pubblico abituato all’ascolto facile, da ascensore, da supermercato, da radio, insomma. Difficile, infatti, sentire passare alla radio o su Mtv una loro canzone, neanche adesso che sono fuori con un best of, una raccolta di brani per festeggiare i vent’anni di carriera. “Selected songs 1994-2014”, racchiude il meglio di questa band, e può essere un’ottima occasione per conoscerli, anche se come Tom stesso ammette: “Io continuo a comprare compilations, ma non so chi altri lo faccia. Tutti possono farsi la propria…”

Ma leggete qui cosa ci ha raccontato Tom in persona, al quale volevo anche chiedere di sposarmi alla fine dell’intervista, ma poi non mi è sembrato il caso, dai, ci sarà occasione, magari proprio al live che si terrà al Carroponte il 26 luglio a Milano.

 

Tom Barman: Pronto.

Dejanira Bada: Pronto, Tom?

T: Sì.

D: Sì, ciao, sono Dejanira di Jaymag, Italia.

T: Ciao, come stai?

D: Io bene, e tu?

T: Ah, io bene, eccellente, grazie [in italiano]

D: Allora: vent’anni di carriera… Quando hai cominciato avresti mai creduto d’essere ancora qui a suonare nel 2015?

T: [pausa] ehm… sì. Non è che ci pensassi molto quando avevo 22 anni, ma sì, sì, perché no?

D: Eri ottimista quando hai cominciato…

T: Quando sei giovane non pensi a cosa sta succedendo, ma è stata una tale botta, ho pensato: non male [ride] . Anche se non era quello che avevo in mente all’epoca perché, sai, volevo fare dei film. Ho fatto la scuola di cinema. È stato divertente, ma la vera cosa che volevo fare era il cinema. E poi questi vent’anni sono volati. È stato un attimo.

D: Già. E come hai scelto le canzoni per questo best of, e quali è stato un peccato escludere?

T: Scegliere le canzoni è stato difficile. Avevamo quindici CD, è stata una mazzata [ride]. Abbiamo deciso di scegliere canzoni che pensavamo fossero buone ma che non hanno mai avuto la giusta attenzione. È andata così. Non abbiamo pensato molto in termini cronologici, volevamo dare una nuova condizione a certe canzoni, e abbiamo finito per metterle in un diverso contesto rispetto a quello originale, fuori dal loro disco, e vedere cosa poteva succedere, per scoprire che possono acquistare un diverso significato. Ma l’unica vera idea di fondo è stata quella di avere una facciata soft e una loud. L’unica divisione, l’unica cosa alla quale abbiamo pensato. L’unica decisione che abbiamo preso. C’è una canzone che amo veramente, Sirens, del nostro ultimo disco, che però non è inclusa.

D: Che evoluzione pensi abbia avuto la musica dei dEUS in questi vent’anni?

T: Ah, non so, non sta a me dirlo. L’evoluzione nella musica è anche un’evoluzione personale, nel gusto, nell’esperienza, nel mettere a fuoco le cose. C’è molto da fare. C’è sempre l’archetipo al quale si ritorna, come Leonard Cohen, Captain Beefheart… Cresci con quella musica e poi scopri la musica elettronica, l’Hip Hop, impari qualcosa sulla produzione, le cose evolvono. È una cosa viva. Non sono la persona giusta cui chiedere, perché sono troppo coinvolto.

D: Bad Time è una delle mie canzoni preferite…

T: Grazie.

D: Ti ricordi come l’hai composta e quando?

T: Sì, all’inizio era una canzone acustica molto lieve ed era molto lenta, e quando ho cominciato a suonarla ripetutamente ai ragazzi è diventata questa lunga melodia circolare che ha creato la magia ed è diventata una tipica canzone dei dEUS, nella forma. Comincia molto piano per poi crescere in potenza. È una delle mie preferite.

D: Infatti: hai una canzone preferita? O se è più facile, hai un album preferito?

T: No, non ce l’ho. Ho osservazioni da fare per ogni disco e rimpianti, e cose che amo di ciascuno. Non li riascolto molto. Capita che risenta una canzone quando dobbiamo suonarla live. Sono tutte figlie mie. So che è una cosa orribile da dire ma è la verità.

D: Hai qualche rimpianto per questi vent’anni trascorsi, e come pensi di essere cambiato?

T: [pausa] …Sì, non potevo portare la coda nel ’95. Non si portava la coda. Questo è il mio rimpianto.

 

D: Se potessi tornare indietro nel passato per rivivere uno specifico momento della tua carriera, quale sceglieresti?

T: Un momento specifico? Oh, penso che un momento importante fosse un concerto che abbiamo fatto nel 2004, ed era un momento particolarmente difficile per la band perché il chitarrista e il bassista se ne erano andati, e abbiamo avuto delle difficolta nel gestire tutto quello che ci stava succedendo, e la situazione era schiacciante. Mi ricordo che allora ho pensato: ok, questo è un momento importante. Forse è meglio che smetta, perché non riesco a vedere un futuro.

D: Hai mai pensato a una carriera solista?

T: No, in realtà no, perché ho diversi progetti. Ci sono i Magnus, e ho questa bella opportunità di uscire a settembre in Italia con un progetto che si chiama Taxi Wars. Forse un giorno farò questo esperimento, ma mi piace il sistema alla pari nelle band. Mi piace il modo in cui funziona. Il contatto, il cameratismo, gli scherzi, il sentirsi una gang. È come una famiglia. Preferisco questo.

D: Ti ricordi che musica ti piaceva negli anni ’90?

T: Certo che mi ricordo! [ridiamo]

D: Qual era la tua band preferita?

T: Un po’ tutte. Gli anni ’90 erano grandi. Be’, non proprio tutto, amavo i Pavement, Dinosaur jr., i Pixies, succedevano grandi cose all’epoca.

D: E cosa pensi della musica di oggi? Quella del Belgio ma anche quella del mondo.

T: Oggi c’è un approccio diverso. Ci sono meno band, molte più produzioni soliste, dove un musicista fa la sua canzone in studio, ma si perde quell’aspetto potente che c’è nel fare musica con una band. D’altra parte registrare oggi è così economico e tanta gente cui prima era precluso, ora può fare musica. Ora seguo gruppi come Young Fathers. Seguo la musica ma non sono un fanatico. Penso che ci sia sempre del buono e del cattivo. Non penso che ti possano cambiare la vita. Penso che manchino le band, le vere band, e questo un po’ lo rimpiango. Le band sono grandi.

D: Quanto le tue canzoni sono influenzate dai libri che leggi, i film che vedi o i giornali?

T: Molto. Se sei un songwriter lavori su tutto quello con cui vieni in contatto. Io ho un taccuino sul quale annoto suggestioni, versi o idee sulla filosofia. Certamente avere della carta a portata è molto utile perché ci sono sempre storie pazzesche nel mondo, poi non è che si debba parlare necessariamente di quelle storie, ma ti possono portare a un’ispirazione. Leggo continuamente, e i film, naturalmente, mi hanno sempre ispirato. Sono un vorace osservatore, nella speranza che un’idea o ispirazione si nascondano dietro l’angolo.

D: E quali sono state le notizie che in questo periodo della nostra storia ti hanno impressionato di più?

T: Be’, è inarrestabile, ma la questione dei migranti e la reazione folle dell’Europa. E poi le numerose uccisioni negli Stati Uniti. Mi sveglio la mattina, prendo il caffè, fumo la mia prima sigaretta, apro il giornale e mi chiedo quanto a lungo potremo andare avanti così. Sembra che nessuno riesca a dare una soluzione. Io sono del capricorno e sono abituato a prendere le cose con impeto, ma comincio a essere stanco di tutte queste miserie. Vorrei starne lontano ma ho bisogno di sapere tutto quello che accade. Come ho detto prima, se vuoi creare qualcosa, la realtà che ti circonda è la tua fonte, e non puoi semplicemente bloccarla. Così c’è questa doppiezza nella mia vita, se capisci cosa intendo.

D: Ho letto che spesso in questo periodo è la gente che osservi a ispirare le tue canzoni, più che te stesso e la tua storia. Quanto invece sei ispirato dall’amore nello scrivere canzoni?

T: Molto, specialmente quando non lo avevo [ride]. Avere sogni è una grande ispirazione. Ma mi sono stancato di questo e mi sono mosso verso immagini più astratte. Ora sono in un umore più astratto e vedo un limite nelle canzoni d’amore o di mal d’amore.  D’altra parte non riesco ad abbandonarle veramente perché questo è ciò per cui viviamo. L’amore è il motivo per cui siamo vivi. A volte ti stanchi e hai voglia di parlare di qualcos’altro, ma a un certo punto torni sempre a quello. Perché è così importante. Per tutti.

D: Devi sapere che le tue fan italiane ti amano e adorano.

T: Ok, bene. [ridiamo] Faremo tre o quattro concerti in Italia a luglio.

D: Dopo questo, hai già in mente un album nuovo, nuove canzoni o forse un film?

T: Sì, sto lavorando a un film. Lo sto scrivendo ora, e sembra andare bene. E come ho detto saremo in tour, e poi c’è il progetto con cui usciremo a settembre e poi ci sarà il tour con Magnus in ottobre e torneremo in studio l’anno prossimo. Ma te ne parlerò al momento.

D: Lavori tantissimo!

T: Sì, lavoro un sacco perché è divertente! Se non si dovesse dormire lavorerei molto di più. È veramente una gioia, sono molto fortunato e me ne accorgo sempre di più.

D: Bene, Tom. Grazie davvero. Allora aspettiamo il nuovo disco e magari tra altri vent’anni una nuova compilation, perché no…

T: Spero di no. Quest’anno sarà l’ultimo in cui ci guardiamo indietro. Torneremo in Italia con molte canzoni nuove. A Milano, a Roma. Un sacco di canzoni soft per una serata romantica.

D: Ci vediamo a Milano.

T: Ok, ciao!

 

 

Da Jaymag.it

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