La recensione de Il pensiero tibetano su Assaggialibri

 In RECENSIONI

Non è facile introdurre il lettore occidentale al pensiero tibetano, per quanto affascinante esso possa apparire alle nostre menti stanche, stressate ed assetate di spiritualità. A complicare il già arduo incontro tra modi di pensare tanto diversi, c’è il fatto che convivono in Tibet tante dottrine e tante scuole buddhiste che presentano tra loro numerosi e importanti elementi di discrepanza: diverse pratiche meditative, diversi riti, differenti concetti filosofici, logici e psicologici, vari metodi di insegnamento.

Non è dunque un’impresa di poco conto quella in cui si impegna Dejanira Bada con “Il pensiero tibetano”. Grande esperta di filosofie orientali e meditazione, l’autrice sceglie di guidarci alla scoperta di questo mondo utilizzando le undici tappe della shiné, la pratica del Calmo dimorare, nonché nome di un celebre dipinto che raffigura simbolicamente i passi che compongono un viaggio tanto appassionante quanto difficile.

Chiunque si sia mai avvicinato al pensiero buddhista sa che il controllo della mente è ciò che consente al praticante di andare oltre la sofferenza e di raggiungere l’illuminazione; il fatto che ogni capitolo del testo fosse dedicato a uno degli stadi che caratterizzano questo percorso aveva fatto nascere in me l’aspettativa di trovarmi di fronte ad una sorta di “manuale” che delineasse, almeno a grandi linee, un percorso spirituale da seguire per imparare a vivere senza lasciarci coinvolgere troppo da quella ressa di pensieri, emozioni e sensazioni che troppo spesso avvelenano la nostra vita.

In realtà il testo ricostruisce con appassionata partecipazione soprattutto l’esperienza individuale dell’autrice, dedita alla pratica e all’approfondimento costante di un pensiero e di una pratica così impegnativi e complessi da non poter essere presentati in un semplice testo scritto.

Molto onestamente l’autrice si limita quindi a una panoramica sulle varie correnti di pensiero e sulle diverse scuole, unita al racconto di alcune delle sue scoperte e dei suoi pellegrinaggi in Tibet, in India e a Kathmandu, a contatto con una realtà naturale, spirituale e politica estremamente ricca di sfaccettature e contraddizioni, che vanno ben oltre ciò che noi occidentali immaginiamo essere il “pensiero orientale e tibetano”.

 

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