Gimme danger: una recensione punk V.M. 18
Ma che vi dobbiamo dire? Come si può scrivere di Iggy Pop e dei suoi Stooges? E non deve essere stato semplice neanche per il grande Jarmusch fare quello che ha fatto: toccare un mito, parlarne, intervistarlo, riprenderlo, osare dove nessuno aveva osato, anche perché lui stesso è un suo fan accanito. Il documentario è un bellissimo documentario, anche abbastanza classico, se vogliamo: immagini di repertorio, foto, interviste con inquadratura del sogggetto a destra o a sinistra, vecchi video di live, qualche animazione, ma d’altronde, forse, non c’è bisogno d’inventare un film meraviglioso come 20.000 days on earth, il docu con Nick Cave, quando hai Iggy Pop davanti a te. La sua vita è già stata un film, di quelli intensi e pesanti, di quelli che ti fanno riesumare dalla mente le stagnole d’oppio fumate in solitudine, mica la birretta. E guai a dire che fosse un fottuto punk o un alternativo o un nichilista. Niente etichette, chiaro? Iggy era uno da venticinque parole a canzone, niente di più niente di meno. Mica si è mai sentito Bob Dylan, con tutti quei suoi bla bla bla (e questo ce l’ha fatto amare ancora di più a Iggy, se possibile.) Perché Bob è un bla bla bla, diciamocelo, e Pop aveva il rock che gli usciva dalle vene. C’è nato con la batteria di fianco al letto, e per di più dentro a una roulotte, con i genitori che non ne potevano più ma mica lo hanno fatto smettere anche se lo spazio era ristretto. No, l’hanno spostato in soggiorno, lui, il letto, e quella cazzo di batteria.
Insomma, in Gimme Danger c’è molto da vedere e da ascoltare e poco di cui scrivere. Iggy Pop è stato indispensabile per la musica, per il rock, e se sei uno che si definisce rock, indie, alternativo o quel che è, non puoi non avere almeno un disco di Iggy e dei suoi Stooges, perché allora non puoi parlare di musica, di rock, di niente. Muto. Ok?
E Iggy è pure simpatico, si sa, vorresti che fosse tuo padre, tuo nonno, tuo amico, (e comunque è un vampiro ed è immortale e anche quando morirà secondo me non ce ne libereremo veramente).
È uno di noi, è uno che non è mai sceso a compromessi, che non è diventato grande come David Bowie solo perché lui se ne fregava del successo, dei soldi, delle case discografiche. Faceva quello che gli pareva.
Gli Stooges sono sottovalutati, questo è certo. Se non era per loro, manco Cobain sarebbe esistito. E oggi le nuove generazioni lo adorano ancora e vanno a sentirlo a festival come il Coachella, dove ci trovi le modelline di Victoria’s Secret con i loro vestiti pieni di frange, ma anche lui che ancora si butta e sputa sul pubblico.
E poi c’erano i talent già negli anni ’60-’70, a sentire Iggy. È inutile che ci lamentiamo della musica di merda che ci troviamo ad ascoltare, c’è sempre stata. A lui facevano schifo pure quei figli dei fiori che cantavano di pace e amore. Sfigati. E poi era tutto studiato a tavolino quella maledetta rivolta del ’68, dai.
Sì, ragazzi, la musica di merda c’era e sempre ci sarà, ed è giusto che sia così. Però si può scegliere, scegliere di ascoltare Fedez o Iggy Pop. Viva la libertà, sempre.
Però vi avvisiamo, gli Stooges non fanno musica per ragazzine, ma per quelle che magari fanno un pompino nel bagno di un locale al primo sconosciuto e ne vanno pure fiere. Quindi restate a casa il 21 e il 22 febbraio se siete politicamente corrette e per bene, perché rischiereste di rimanere scandalizzate nello scoprire come vive e ha vissuto uno spirito davvero libero. Sia mai che poi vi venisse in mente di uscire un po’ dalle regole per la prima volta in vita vostra… e allora sai che casini!