DA VVOX.IT, “Storia di un uomo vescica”. Ovvero la Bada, una che sa scrivere
Per capire se un romanzo è ben scritto non ci vuole poi tanto. È una questione di predisposizione da parte del lettore. Molti di noi sono indotti a credere, di fronte a un linguaggio lussureggiante e pericolosamente prossimo al nonsense, di trovarsi al cospetto di qualcosa di profondo. In verità viviamo un condizionamento in tutto e per tutto simile a quello del vigile che, in “Amici miei” di Monicelli, dato il portamento e la sicumera del Mascetti, si beve la sua supercazzola prematurata con scappellamento a destra – insomma, caschiamo nella trappola. Ecco, nove volte su dieci, quando di un romanzo per venti pagine ci sfugge completamente il senso e la necessità di tanto autoavvitamento lessicale, non dovremmo sentirci al cospetto di qualcosa di ineffabile e di insondabile spessore intellettuale. La realtà è che stiamo leggendo un sacco di stronzate – parole in libertà, se preferite. La confusione non è mai sinonimo di valore e ciò dicasi per la narrativa, per il giornalismo, e non meno per l’arte cinematografica. Altrettanto, e forse ancora di più, per la poesia: le liriche che maggiormente hanno segnato la storia della letteratura sono spesso immediate, con immagini forti ma che non lasciano dubbi. Pensate a Ungaretti, a Quasimodo – persino Montale, quando si affida al cuore e non alla ragione. Ma potrei citare pure Gozzano, o Antonia Pozzi.
Purtroppo, anche nella narrativa regna la mestissima tendenza a usare pagine e pagine per non dire niente, fino a che il lettore si sentirà ubriaco o gli verrà un gran mal di testa, come quando si guarda un’immagine completamente fuori fuoco. Ecco perché l’ultimo romanzo di Dejanira Bada, “Storia di un uomo vescica”, Villaggio Maori editore 2018, è una boccata d’aria fresca, una gemma rara nella letteratura attuale.
