“The Wall”, l’unico muro da non abbattere
Il concerto a cui abbiamo assistito il 3 Luglio 2011 presso il Forum di Assago di Milano, è uno di quegli eventi che rimarrà impressi nella memoria per tutta la vita.
Roger Waters, in perfetta forma fisica e vocale, ha aperto le danze dell’ennesima data del suo tour “The Wall live” alle 21,00 precise, dinnanzi ad un palazzetto dello sport sold out e completamente incantato.
E’ quasi impossibile riuscire a descrivere a parole l’emozione provata nell’essere davanti ad una delle icone del rock che ha cambiato per sempre la storia della musica, se poi vi aggiungiamo lo spettacolo allestito da Waters che ci ha permesso di ascoltare dal vivo uno dei più bei dischi di tutti i tempi, questa recensione potrebbe finire qui. Vogliamo però provare a raccontare quello che è successo durante questo memorabile live, per cercare – anche se soltanto in minima parte – di far rivivere l’evento a tutti coloro che non erano presenti. Essere lì, davanti a quel muro bianco, sul quale venivano proiettate immagini di ogni tipo (contro il grande fratello, contro la guerra, contro i totalitarismi e le multinazionali) per poco più di un’ora e mezza, è stata una delle esperienze più belle della nostra esistenza.
Il concerto ha avuto subito inizio con fuochi d’artificio e razzi color rosso fuoco al suono di “In the flesh?”, primo brano di apertura di “The Wall”, con un piccolo aeroplano che si è schiantato contro una parte di muro prendendo fuoco. Il pubblico è restato a bocca aperta quasi per tutta la durata del concerto, dinnanzi ad un muro che piano piano veniva costruito con grandi mattoni bianchi di polistirolo. Grande esaltazione generale quando la chitarra ha iniziato finalmente ad arpeggiare “Another Brick In The Wall”, il cui coro è stato cantato da dei veri ragazzini saliti sul palco per intonare e gridare “Hey teacher leave them kids alone!”.
Personaggi gonfiabili ed inquietanti (tra cui il mitico professore del film dei Pink Floyd disegnato da Gerald Scarfe e il maiale volante Algie) sono comparsi e scomparsi da dietro il muro per tutta la durata del concerto, mentre i mattoni venivano aggiunti uno ad uno fino a lasciare soltanto una fessura. Commovente il momento in cui Roger ha imbracciato la chitarra acustica per suonare la bellissima “Mother”, seguita subito dalla mitica “”Goodbye Blue Sky lyrics”, brani che ci hanno fatto letteralmente sognare. Waters, prima della pausa di circa venti minuti, ci ha salutato dall’ultimo buco rimasto nel muro sulle note di “Goodbye Cruel World”, per poi scomparire completamente.
L’apertura della seconda parte del live – come nel disco – è stata affidata alla strabiliante “Hey You”, canzone che non è presente nel film, per poi proseguire con l’attesissimo giro di chitarra di “Is There Anybody Out There?”. Da qui in poi ci ha assalito una sorta di crisi di panico o Sindrome di Stendhal che ci ha fatto piangere a dirotto a partire dall’arpeggio del brano appena citato fino alla fine dell’assolo di “Comfortably Numb”. Durante “Nobody Home” Waters è comparso dal muro seduto su una poltrona davanti alla Tv, proprio come Pink, il protagonista di “The Wall”, cantando il brano in maniera divina e a dir poco commovente. Dopo “Vera” e “Bring The Boys Back Home” ecco arrivare il momento forse più atteso da tutto il pubblico presente al concerto: “Comfortably Numb”, suonata da un chitarrista davvero molto bravo che è spuntato addirittura in alto, sopra il muro (come Gilmour negli anni ’70) così come il corista, che ha cantato il ritornello del brano come sospeso nel vuoto, con Waters sul palco in adorazione dei due. L’assolo è stato eseguito a menadito ed è stata inserita anche una piccola parte che Gilmour suonò nel live “Pulse” per poi finire con un’improvvisazione del chitarrista.
Con “The Show Must Go On” e il cuore pieno di gioia, abbiamo assistito all’ultima parte del live ascoltando “Run Like Hell”, “Waiting For The Worms”, “Stop” e “The Trial” mentre Roger Waters, vestendo i panni di Pink in versione dittatore, ad un certo punto ha anche iniziato a spararci addosso con un fucile giocattolo molto realistico. Dopo il processo a Pink, rappresentato con immagini bellissime tratte dal film, il muro è finalmente crollato e sul palco sono comparsi tutti e dodici i musicisti, compreso Waters, che, svestiti i panni dei personaggi, hanno salutato il pubblico con calore e commozione cantando e suonando “Outside The Wall”, indossando jeans e maglietta, come per farci capire che lo spettacolo era davvero finito e che purtroppo bisognava fare ritorno nella realtà.
Nella nostra vita, fino ad oggi, abbiamo assistito a centinaia di concerti, ma mai era successo di sentirci così coinvolti e partecipi ad un live.
La commozione ha preso il sopravvento perché per tutti i fans dei Pink Floyd poter vedere dal vivo anche soltanto un componente di questa mitica band, è stata davvero un’emozione unica ed irripetibile.
Lo spettacolo è andato oltre ogni aspettativa e Roger Waters ha potuto nuovamente interpretare se stesso nel suo “The Wall” ad anni di distanza dall’uscita di questo mitico album, che segnò in parte la fine dei Pink Floyd.
Perché dietro quel muro ci siamo stati almeno tutti una volta. Soli, disperati, incompresi, alienati, ed è per questo che un album come “The Wall” con i suoi testi e la sua musica, è stato capace di entrare nell’animo di milioni di persone in tutto il mondo.
Al live erano presenti intere generazioni, padri e figli, insieme, contro quel muro da abbattere, contro le guerre, contro l’odio, contro la solitudine e contro l’ignoranza, ma il solo muro che non vorremmo mai vedere abbattere è proprio l’unico e l’originale “The Wall” che vorremmo restasse eretto per sempre insieme alla musica di Waters e dei Pink Floyd.
Da Jaymag.it